ALBERTO BERRINI: NUOVE RELAZIONI INDUSTRIALI: L'OCCASIONE DEL RECOVERY FUND

CENTRO STUDI PIPPO MORELLI

04/12/2020



NUOVE RELAZIONI INDUSTRIALI: L'OCCASIONE DEL RECOVERY FUND

 

L'entusiasmo per la svolta radicale della politica economica europea, già praticata sul versante “monetario” e ancora in fase di attuazione su quello “fiscale”,  non deve far dimenticare la drammatica situazione economica internazionale, di cui stiamo vedendo, in questo autunno-inverno 2020, i segni tangibili.

La natura sequenziale della crisi, ossia un contagio che si estende geograficamente e nel tempo, allontana l'idea di una rapida ripresa, come confermano le ultime previsioni “peggiorative” del FMI.

Più in là nel tempo si prospetta un possibile scenario di deflazione globale. Ma le strozzature determinate dalla pandemia nelle catene della produzione mondiale e l'enorme aumento del debito pubblico finanziato da un'espansione monetaria delle banche centrali senza precedenti, non esclude la possibilità di un ritorno dell'inflazione. (Su questo punto Financial Times e Economist hanno opinioni diverse!) In definitiva nel lungo termine non si può neppure escludere uno scenario di stagflazione (ossia recessione + inflazione) che i ceti più deboli, già colpiti da una distribuzione del reddito sempre più diseguale, non potrebbero sopportare. Dunque con conseguenze politiche facilmente immaginabili.

Quelli descritti sono scenari possibili ma non destini inevitabili. Soprattutto alla luce degli interventi  a sostegno della ripresa attuati dai Governi.

A livello europeo  l'accordo sul Recovery Fund è un segnale molto importante.

Per l'Italia è la grande occasione per uscire dal declino più che decennale che caratterizza il suo sistema economico, soprattutto se confrontato con quanto accaduto alle altre economie europee. Si parla di Grande Divergenza. A fine 2021,  stante le previsioni attuali, l'economia tedesca crescerà del 13% rispetto al 2007, ossia alla vigilia della crisi 2008-2009. Del 7% quella francese, del 3% quella spagnola. Nello stesso periodo quella italiana si sarà ridotta del 9%!

E' dunque del tutto evidente che per l'Italia non sarà sufficiente, seppur indispensabile, imboccare la strada della ripresa. Ad essa bisognerà abbinare un progetto di riforma degli assetti economico-sociali.

In questo ambito è prioritario rifondare un nuovo contratto sociale (come peraltro richiesto da più parti a livello internazionale) che metta in discussione gli attuali rapporti capitale-lavoro. L'obiettivo non può che essere una struttura di relazioni industriali di tipo partecipativo. È solo grazie ad essa che si possono perseguire due obiettivi entrambi indispensabili per dare un futuro al sistema economico italiano.

 

  1. Un incremento della produttività in grado di rendere efficiente ed efficace la nostra economia dal lato dell'offerta;
  2. Una più equa distribuzione del reddito in grado di sostenere la domanda interna, elemento fondamentale che ha sicuramente penalizzato il sistema economico italiano negli ultimi anni. Una recente analisi dell'OCSE ha dimostrato che il problema “bassi salari” in Italia è solo in parte attribuibile agli effetti del cuneo fiscale. La problematica fiscale è un tema fondamentale per chi ha l'obiettivo di riformare il sistema Italia. Ma la questione distributiva va oltre questa pur fondamentale problematica.

 

Si potrebbe obiettare a ragione che la “via partecipativa”, nonostante la ricchezza di teorie e buone pratiche, è decisamente e ancora minoritaria.

Ma è proprio l'emergenza economica da un lato, e i limiti degli assetti economici in essere che tale emergenza ha messo in risalto dall'altro, che potrebbero o dovrebbero spingere verso questa via innovativa di governance economica.

Del resto la madre di ogni esperienza partecipativa, la “mitbestimmung” tedesca (cogestione) trovò il suo fondamento in ragioni storico-politiche prima che economiche.

Nella situazione attuale il sostegno alla via partecipativa, per la cui attuazione è indispensabile un supporto legislativo, potrebbe avvenire nell'ambito degli “aiuti” europei finalizzati alla ripresa economica.

L'idea sarebbe quella di condizionare i trasferimenti del Recovery Fund all'introduzione nella governance delle imprese di elementi di partecipazione. In ambito internazionale stanno emergendo diverse proposte che vanno in questa direzione. Un esempio è la proposta negli Stati Uniti della senatrice Elizabeth Warren  di condizionare le operazioni di salvataggio industriale all'introduzione di rappresentanze dei lavoratori nei consigli di amministrazione delle società.

L'introduzione di “elementi di partecipazione” rientrerebbero nell'ambito delle “raccomandazioni” a cui la Commissione vincola l'erogazione dei finanziamenti o dei sussidi all'economia italiana.

A questi si potrebbero accompagnare le risorse finanziarie provenienti dai fondi pensione, almeno di quelli contrattuali, a questo punto incentivati nel loro intervento dalle nuove condizioni di governance delle imprese.

L'Unione europea ha sviluppato da decenni un'intensa attività normativa, anche se con scarsi risultati concreti, nei vari ambiti (dal diritto all'informazione fino all'azionariato dei dipendenti) in cui la partecipazione dei lavoratori al governo dell'impresa può realizzarsi. Dunque inserire questo elemento fra le raccomandazioni richieste dal Recovery Fund o da altre forme di finanziamento o sussidi europei non dovrebbe creare particolari preclusioni.

I tempi sono molto stretti ma l'emergenza economico-sociale che stiamo affrontando dovrebbe spingere a non tralasciare questa opportunità.

Più in generale è importante capire la necessità di mobilitare risorse contro la crisi che non siano solo debito futuro, ma investimenti in grado di garantire una solida crescita e redditi equamente distribuiti fra tutti coloro che saranno protagonisti di tale crescita.

Da qui la necessità di un nuovo Patto Sociale.

Come si dice di solito in questi casi, se non ora quando?